Sono nato nel 1945, in Versilia, da una famiglia di modeste condizioni, quasi povera. Durante la mia infanzia e adolescenza c’era, accanto a casa mia, il negozio di fotografia più bello della mia città: nelle sue vetrine meravigliose macchine foto e cine (a cinque anni sapevo cosa era una Leica…) ammiccavano da un mondo che era anni luce distante dalla mia condizione.
Rovistavo nel bidone degli scarti del negozio per raccogliere i rotoli di carta protettiva dei film 120 per, poi, metterli dentro una piccola scatola di cartone autocostruita e fare finta di avere una vera fotocamera…
Naturalmente il negozio aveva una camera oscura (allora tutti i fotografi esibivano il cartello ”Sviluppo e stampa per dilettanti”) la porta della quale dava sul marciapiede girato l’angolo del negozio e quando il tecnico la apriva per uscire a prendere una boccata d’aria io spiavo con viva curiosità quel misterioso mondo nel quale, in realtà, non sapevo cosa accadesse ma che immaginavo essere qualcosa di magico e meraviglioso.
Ho poi scoperto, in seguito, che era davvero così…
Finalmente a 22 anni potei comprare la mia prima macchina grazie a 50.000 lire vinte ad un premio di pittura ma, come ne “Il Cappotto” di Gogol, mi fu rubata dopo pochi giorni…
Come era possibile che non scaturisse in noi (in me e nella fotografia) una sorta di debito affettivo reciproco che abbiamo, poi, conservato per tutta una vita?
A settanta anni, cinquanta dei quali passati in una attiva e costante ricerca nell’ambito delle arti visive (scultura, pittura e grafica) e mettendone vantaggiosamente a frutto le esperienze mi sono comprato una magnifica Sinar, forse per saldare con la fotografia almeno la parte che mi riguardava di quel debito…
(Giugno 2019)
I was born in 1945, in Versilia, of a family of modest conditions, almost poor. During my childhood and adolescence there was, next to my house, the most beautiful photography shop in my town: in its shop windows wonderful cameras and cine cameras (at five I knew what a Leica was …) winked from a world that was very far away from my condition.
I used to rummage in the shop waste bin to collect the rolls of protective paper of 120 films, then I put them in a small self-made cardboard box and pretended to have a real camera …
Naturally the shop had a darkroom (then all the photographers exhibited the sign “Development and printing for amateurs”) the door of which gave on the pavement just round the corner of the shop and when the technician opened it to go out for a breath of air with great curiosity I spied that mysterious world in which, actually, I did not know what happened but I imagined it to be something magical and wonderful.
I later found out that it was really like that …
Finally at the age of 22 I was able to buy my first camera thanks to 50,000 lire won at a painting award but, like in “Il Cappotto” by Gogol, it was stolen after a few days …
How was it possible that a sort of reciprocal affective debt would not arise in us (in me and in photography) which we then kept for a lifetime?
At the age of seventy, fifty of which I spent in an active and constant research in the field of visual arts (sculpture , painting and graphics) and advantageously putting experiences to good use, I bought a magnificent Sinar, perhaps to settle with photography at least the part of that debt that concerned me.
(June 2019)